In piccolo, si può smuovere anche il Quirinale
Secondo: la necessità di fernare il corso del nostro contatore del terrore cioè del debito publico è confermata dal fatto che oggi anche lo spread dei BTP italiani sul BUND ha superato con 192 punti il rec0rd dello scorso inizio giugno. La consolante tesi per la quale l’Italia era fuori dalla crisi non è destinata a restare vera, con questi chiari di luna politici. E non perché io difenda il governo berlusocni o Giulio Tremonti. Al contrario, servirebbero credibili impegni politici adeguati alla bnuova cornice di instabilità. Cioè un governo stabile e un ministro dell’Economia capace e in condizioni di assicurare un serio èpiano pluriennale di ridimensionamento della spesa pubblica in termini reali, a fronte di credibili , paralleli e immediati sgravi fiscali a imprese e lavoratori. Il governo che sta tirando le cuoia in questi giorni ha creduto e scelto di non poterlo fare per non alzare la temperatura delle polemiche sociali, stanta la difesa a testuggine da parte delle mille lobbies italiane del milione di rivoli della spesa pubblica, che ha continuato a salire in questi anni nella sua parte corrente mentre scendeva in quella per investimenti. Prima che sia troppo tardi, bisogna invertire il segno di questa scelta. Invertitrla con forza e durezza. Indicando in cinque -sei punti di spesa pubbluica e pressione fisdale in meno l’orizzonte triennale di provvedimenti che ridisegnino alcuni punti essenziali del welfare e della macchina pubblica italiana, con cessioni al mercato di interi comparti di servizi pubblicui che pre restare tali devono essere offerti secondo standard di qualità e di efficienza, ma non gestiti più da dipendenti pubblici pagati dal contribuente. Altrimenti, bisogna sapere che inevitabilmente o quasi -dietro l’angolo i nuovi governi e le nuove alchimie che ci sta preparando una politica priva di visione in ogni area politica, al centro come a sinistra come a maggior ragione nella destra resa afasica dal dramma berlusconico – magari dopo un’elezione confusa e senza vincitori dotati di maggioranza coesa, la soluzione sarà quella di una patrimoniale con la scusa che chi c’era prima ha raccontato balle. ma non una patrimoniale come ponte di breve termine per l’adozione immediata di una flat tax di convergenza tra reddito delle persone fisiche e giuridiche sul 20%. Una patrimoniale e basta, per reperire le nuove risorse che tutti vogliono spendere per far ancora lievitare la spesa pubblica.
Per questo, ieri sera a Porta a porta, ho deciso con un minimo di doppiezza di sollevare il caso della nota del Quirinale che affermava, a due giorni soli dall’inderogabilità richiamata dal Colle dell’approvazione della legge di stabilità, che non si poteva andare avanti con tagli continui. Una nota ambigua, ho detto. Che correva il rischio di essere imbracciata dal partito della spesa pubblica – quello che da Pompei ai teatri, dai film ai ricercatori universitari confonde lo sviluppo con i denari del contribuente – come un’insperatata e autorevolissima legittimazione. Stamattina ho rilanciato la palla, intervistando gasparri a La versione di Oscar su radio 24 glie l’ho fatto ridire. Il Quirinale a quel punto ha deciso di emettere una nota di precisazione, il cui senso è non bisogna accrescere il deficit ma bisogna fare scelte precise invece che tagli lineari.
E’ già qualcosa, ed è comunque un successo. Non possiamio soperare che il Quirinale si metta a dire insieme a noi che la via giusta è quella in realtà di comprimere energicamente spesa pubblica e tasse . Ma, in piccolo, siamo almeno riusiti a fargli dire che non bisogna fare più deficit, ed è già qualcosa in questa povera disastrata Italia.
Oscar G.