lunedì 13 settembre 2010

Per non essere soli...

Qualche anno fa venne da me una signora, accompagnata dal marito, e mi disse che aveva l’ossessione di pulire i cassetti. Li apriva, li puliva, poi ci guardava dentro e, anche se non c’era rimasto nulla, s’immaginava che ci sarebbe potuto essere dello sporco invisibile, perciò li puliva un’altra volta. Poi puliva i sanitari, passava l’aspirapolvere e usava il battitappeto; quindi copriva il tappeto con una pellicola trasparente in modo che, anche passandoci sopra, non lo si potesse toccare.

Quando suo marito e il figlio dodicenne rincasavano, lei li faceva spogliare in garage, poi dava loro delle tute usa e getta e dei copri-scarpe come quelli che adoperano i chirurghi; in questo modo la casa sarebbe rimasta in ordine. Nessuno poteva sedersi sul divano in salotto. Suo figlio poteva andare in camera sua, ma se metteva anche una sola cosa fuori posto, lei iniziava a urlare. Suo marito era sul punto di lasciarla.

A quel punto del racconto, io guardai il marito e scoppiai a ridere, così lui mi chiese: “Che c’è da ridere?”, e io risposi: “Beh, mettiamola così: non riesco a credere che lei abbia permesso che si arrivasse a questo punto”. La sua risposta fu: “A dire la verità, mia moglie è in cura da uno psichiatra da dieci anni, ha seguito delle terapie farmacologiche e fa delle sedute…”.

Io dissi: “Beh, adesso c’è una novità. Questa è casa sua, questi è suo figlio e il fatto che lei abbia permesso a sua moglie di arrivare a questo punto… dalle mie parti si dice che sei troppo imbranato per farci qualcosa”.

“Beh, se cerco di parlarle…”

“E chi ha detto di parlare? Quando uscirete da questa stanza, le consegnerò un sacchetto pieno di sporcizia. Una volta a casa, lo rovesci sul tappeto, perché se la sua signora non è in grado di convivere con una cosa del genere, ha un serio problema!”

La donna mi guardò e disse: “Se facesse una cosa così, io impazzirei”. E io: “Meglio che impazzisca lei, signora, piuttosto che impazziscano suo marito e suo figlio, ecco come la penso. Lei ha un problema e lei dovrà imparare ad affrontarlo”. Le chiesi di chiudere gli occhi e di immaginare casa sua, di muoversi da una stanza all’altra, di cassetto in cassetto, e di vedere che tutto era assolutamente sterile.
Non una piega sul tappeto, non un’impronta di piedi, non un calzino fuori posto: tutto perfettamente in ordine. La guardai e, mentre se ne stava seduta con un’espressione estatica dipinta sul volto, le dissi: “Mentre osserva questa casa assolutamente perfetta, voglio che si renda conto che non c’è alcuna traccia, di alcun tipo, che lasci intendere che la casa è abitata. Infatti, una casa così pulita è un messaggio che le comunica che si ritroverà completamente sola. Suo marito la lascerà, suo figlio non le rivolgerà mai più la parola, non avrà amici e, dal momento che è così fissata con l’ordine e la pulizia, non ci sarà neanche un cane a tenerle compagnia. Quando morirà, sarà una delle persone più sole sulla faccia della terra. Ma i suoi cassetti vuoti saranno puliti e disinfettati”.

Lei aprì gli occhi, mi guardò e una lacrima le scese lungo il viso. Allora proseguii: “Ora, chiuda gli occhi ancora una volta e riveda il suo tappeto: c’è l’impronta di un piede. Guardi la camera di suo figlio: c’è un paio di mutande sul pavimento. Si renda conto che questo significa che non è più sola. Le persone che ama vivono ancora con lei. Ogni cosa che non è esattamente al suo posto, una rivista stropicciata, una tazza nel lavello, ha un suo significato. Quindi, se ama suo figlio, se ama suo marito e vuole avere dei segnali che loro le sono vicini, che non l’hanno lasciata per sempre, allora queste piccole cose la renderanno felice."

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