lunedì 4 ottobre 2010

Addio al grande vecchio della finanza italiana"MILANO - Enrico Cuccia "

Addio al grande vecchio
della finanza italiana



 

MILANO - Enrico Cuccia è stato il grande protagonista della finanza e dell'economia italiana, l'uomo dei patti e degli accordi interni al "salotto buono" delle maggiori famiglie del nostro capitalismo. Personaggio celebre anche per la sua discrezione totale, per il suo rifiuto a parlare davanti ai microfoni o in pubblico: una sorta di mistero vivente, che fino all'ultimo non ha lasciato la sua carica nell'istituto di via Filodrammatici, e la sua voglia di tessere le trame a colpi di scalate e scambi azionari.

La giovinezza. Di origine siciliana, Cuccia nasce a Roma il 24 novembre del 1907. Dopo gli studi in legge entra all'Iri, distaccato presso la sede di Londra; poi lavora per la Banca d'Italia. Conosce e sposa nel 1939 Idea Nuova Socialista Beneduce (morta nel 1996), una delle tre figlie del creatore dell'Iri, Alberto Beneduce (le sorelle si chiamavano Vittoria Proletaria e Italia Libera, chiaro omaggio alle idee socialiste del padre). Dal matrimonio sono nati tre figli, Benianimo, Auretta Noemi, Silvia Lucia, di cui si conosce pochissimo. Benianimo è stato dirigente in varie aziende chimiche, e ha dato al padre l'unica nipote.

Nasce Mediobanca. Cuccia lavora anche all'Ufficio studi della Comit, diretto da Ugo La Malfa. Finita la guerra, la Comit, guidata da Raffaele Mattioli, promuove la costituzione di Mediobanca, il 10 aprile 1946, con Cuccia direttore. Da allora, in più di 50 anni di storia, la prima e a lungo unica banca d'affari italiana è al centro delle più importanti operazioni industriali e finanziarie del nostro paese.

I patti di sindacato. Nella sua attività Mediobanca dedica la propria attenzione a un pugno di società appartenenti a quei settori industriali che hanno fatto lo sviluppo economico dell'Italia dall'inizio del '900 in poi: l'auto (Fiat), la chimica (Montecatini), l'energia elettrica (Edison), la gomma (Pirelli), la metallurgia (Orlando). L'istituto diventa un insostituibile punto di riferimento cumulando nel tempo importanti pacchetti azionari, tra cui spiccano per importanza quelli in Generali, Fondiaria, Pirelli, Montedison, Burgo, Gemina. Sono tutti gruppi di proprietà di pochi grandi famiglie; una circostanza che ha innescato un dibattito infinito tra i suoi detrattori e i sostenitori dell'operato del grande tessitore. I primi accusano Cuccia di aver fatto sempre gli interessi di alcune imprese, di aver trascurato la crescita di nuovi imprenditori, di essere contro un moderno mercato finanziario prediligendo strumenti di controllo come i patti di sindacato.

Il caso Montedison. Tra le sue operazioni più importanti, quella legata alla Montedison. E' stato proprio lui infatti a orchestrare la fusione nel 1966 tra la Montecatini, azienda chimica in difficoltà finanziaria, e la Edison, ricca di disponibilità derivanti dalla nazionalizzazione dell'energia elettrica. Un matrimonio travagliato, come testimonia la storia della società, una palude in cui Cuccia rimase impantanato tanto da affermare: "Montedison è il mio Vietnam". Della sua creatura Cuccia si è occupato parecchie volte negli anni successivi, prima favorendo l'ingresso nell'azionariato dell'Eni, poi decidendo di riprivatizzarla all'inizio degli anni '80. Si scontra con l'allora presidente Schimberni che scala la Bi Invest del gruppo Bonomi, e l'anno successivo la Fondiaria; non riesce a contrastare neanche il colpo di mano di Raul Gardini, che nell'86-87 prende il controllo di Montedison. Sarà poi lo stesso Gardini ad affidargli il riassetto del gruppo.

Tramonto del colosso. Quando Ferfin-Montedison viene travolta da una montagna di 30 mila miliardi di debiti, nel 1993, Mediobanca ne prende in mano le redini e convince tutto il sistema bancario a rinunciare a parte dei crediti e partecipare agli aumenti di capitale, mantenendola così in vita ed evitando la svendita di imprese industrialmente sane. La Ferfin diventa poi Compart, e Mediobanca da allora ne controlla la maggioranza relativa.

Libia e Fiat. Altro grosso affare di cui Cuccia è stato artefice è l'ingresso negli anni '70 della finanziaria Lafico, del governo libico di Gheddafi, nella Fiat. Riuscirà anche a gestire la loro uscita, nel 1986, collocando le azioni a prezzi impossibili. Un'altra simpatia di Cuccia sono state le assicurazioni, la Fondiaria e le Generali in particolare, di cui a più riprese cerca di mantenere l'indipendenza. Ed è curioso vedere come per entrambe al termine di un lungo percorso l'approdo naturale è stato nel grembo della stessa Mediobanca, che controlla Fondiaria attraverso Compart ed è primo azionista di Generali.

I misteri di Sindona. La storia di Cuccia presenta anche episodi oscuri: il più importante è il caso Sindona, finanziere rampante che lo minaccia più volte cercando di ottenerne l'appoggio per evitare la bancarotta. Al corrente del rischio che correva l'avvocato Giorgio Ambrosoli, curatore fallimentare delle società di Sindona, assassinato da un killer nel 1979, Cuccia si rifugia nel silenzio e non avverte i magistrati.

Gli anni '90. Nella seconda metà del decennio comincia il declino della "visione del mondo" cucciana. Il cero annus horribilis è il '97, con il clamoroso "no" di Pietro Marzotto, tra l'altro un azionista Mediobanca, al progetto di fusione tra la sua società e Hdp, la ex Gemina. E poi l'insuccesso delle Generali nella scalata all'Agf. Infine la rottura senza precedenti nella storia di via Filodrammatici, con il licenziamento del segretario generale, Gerardo Braggiotti, per divergenze insanabili sulla visione strategica.

Sconfitto da Bazoli. Tornando al piano più strettamente finanziario, c'è da registrare che, a fine anni '90, comincia la fase declinante. Dopo aver di fatto investito il presidente della Rcs, Cesare Romiti, come suo successore, Cuccia lo scorso anno ingaggia una dura battaglia per il controllo della Comit: sfida da lui persa e vinta invece da Giovanni Bazoli di Banca Intesa.

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