domenica 5 settembre 2010

Banca fantasma, Cacciapuoti esce allo scoperto: soldi usati per la Ferrari

                  
di Leandro Del Gaudio

NAPOLI (5 settembre) - Ormai vive attaccato al computer, lancia messaggi sibillini, si affida a skype come a una virtuale coperta di Linus. Da lì, dalle telefonate via web, rafforza le sue convinzioni e si prepara a calare gli assi nella delicata partita con la Procura di Napoli. Raffaele Cacciaputi non si è mai mosso da lì , dal computer, da una linea rovente - quella che lo proietta in giro per il mondo attraverso il server di skype - ed è pronto a giocare le sue mosse. Le sue «ferie», le sue «vacanze estive» sono agli sgoccioli. Lunedì, la prima mossa formale, che vede in campo gli avvocati napoletani Silvio e Fabio Fulgeri, esperti di diritto penale d’impresa, a cui Cacciapuoti si è affidato per costruire una strategia difensiva credibile.


Il memoriale
Lui, il promotore della Banca popolare meridionale, il leader di un progetto abortito sul nascere (con la presunta scomparsa di otto dei dieci milioni di sottoscrizioni firmate da 842 soci), esce allo scoperto. E si racconta al Mattino: «No, non ho tradito nessuno, sono pronto a dimostrare la mia innocenza, sono semmai una vittima». Concetto quest’ultimo espresso un mese fa, sotto i colpi dei sequestri firmati dal pool criminalità economica guidata dal procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli e dal pm Francesco Raffaele. Oggi però ci sono approfondimenti studiati, meditati: possibile che in questi giorni Cacciapuoti abbia lavorato a un memoriale difensivo, in cui viene riscritta la storia della banca mai nata, del progetto di azionariato popolare con una raccolta di dieci milioni di euro, otto dei quali sarebbero finiti nel nulla.


Responsabilità condivise
Cacciapuoti parla di ruoli e responsabilità «condivise» in un progetto su cui per oltre due anni si sono spesi in tanti. Facile pensare che nel prosieguo dell’inchiesta finiranno altri nomi al vaglio degli inquirenti, in una vicenda condotta dalla sezione pg della Guardia di Finanza del colonnello Luigi Del Vecchio. Poi, attraverso il Mattino, Cacciapuoti prova a difendere la propria onorabilità: si sente un «capro espiatorio», se la prende con quanti in questi mesi «hanno abbandonato la nave, lasciando solo lui al timone». Parole cariche di rimandi, a partire da un concetto: «Non mi sono mai appropriato di alcuna somma di denaro altrui». Un concetto in cui insiste, dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati per appropriazione indebita.


Spese per consulenze e auto di lusso
Tutte le sue manovre economiche, dunque, erano finalizzate a rafforzare la nascita della Banca popolare meridionale, come emerge da indagini ancora in corso: dalla consulenza di alcune centinaia di migliaia di euro (fino a 500mila euro) a una società americana, che avrebbe dovuto svolgere un ruolo nella costituzione della Banca; alle spese di marketing e di rappresentanza, come la ormai famigerata Ferrari a bordo della quale Cacciapuoti era solito girare (stando anche a testimonianze raccolte in questi mesi dal Mattino). Marketing e consulenze finalizzate a promuovere il progetto di azionariato popolare. Tutto il resto, spiega Cacciapuoti, è fantasia. «Tutte le fantasiose notizie circolate sul mio conto per alimentare la curiosità e l’interesse della gente e creare il capro espiatorio su cui far ricadere tutte le colpe della operazione finanziaria sono assolutamente destituite di ogni fondamento - chiarisce -. Voglio evidenziare ancora una volta di non aver truffato nessuno, tanto meno i risparmiatori che, come me, hanno creduto nella pregevole per quanto difficile iniziativa».



La maxiconsulenza
Poi Cacciapuoti si cimenta in analisi sul sistema creditizio e finanziario meridionale: «Non appare superfluo sottolineare quanto sia più difficile al sud intraprendere iniziative imprenditoriali, ma è anche vero che quello che ho cercato di costruire non è il frutto di una scriteriata ed ambiziosa vanità personale ma di un serio progetto economico (supportato dalla consulenza di grossi studi professionali), condiviso con altre persone che oggi hanno abbandonato la nave lasciando a bordo solo il comandante. Non mi sono assolutamente appropriato di alcuna somma di denaro altrui e preciserò dettagliatamente ai pubblici ministeri le modalità di investimento soltanto del danaro effettivamente raccolto».


Assegni falsi o clonati
Ma non è tutto. Cacciapuoti si spinge oltre e interviene sulle accuse di ricettazione, in relazione ad alcuni assegni clonati che erano nella sua disponibilità e all’assegno (falso) di sette milioni di sterline depositato in una filiale Banca popolare di Andria, dove ad agosto è stato sequestrato dalla Finanza: «Molte cose che mi sono state addebitate sono false e addirittura alcune da me completamente ignorate, così come l’assegno in sterline che, solo dopo negoziazione autorizzatami, è stato disconosciuto». Eppure quell’assegno di sette milioni era stato depositato in una banca pugliese a garanzia di tutto il progetto. Poi, si va sul personale.


Lauree e studio legale
È a questo punto che il manager decide di parlare dei titoli di studio ritenuti in prima battuta posticci, come la laurea in Giurisprudenza o l’iscrizione nell’albo degli avvocati, per accennare poi ai rapporti con socio di uno studio legale perquisito un mese fa dagli inquirenti. Spiega oggi Cacciapuoti: «Le lauree e lo studio legale sono realtà esistenti come dimostrerò. In particolare gli avvocati che avevo associato allo studio, e che fra l’altro dovevano seguire le attività legali legate alla banca nascente, svolgevano e svolgono attività legale».

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